Un libro che tratta di moderni elementi/concetti di cura (non solo) psicoterapica
Questi elementi/concetti sono:
– La centralità della relazione che finisce per diventare la vera protagonista della terapia,
– L’improvvisazione terapeutica intesa come la capacità di mettere da parte i pre-giudizi, le interpretazioni e le teorie a vantaggio dell’ascolto e dello “stare lì in quel momento” che permette di far emergere qualcosa che stimoli un cambiamento,
– La complessità o teoria dei sistemi dinamici complessi, rivoluzione scientifica che sta scardinando i vecchi concetti di linearità e prevedibilità dei sistemi, tra cui il sistema ‘uomo’ che l’autore, lo psicoterapeuta Marcello Florita, definisce Io-soggetto, trovando una brillante soluzione terminologica per (1) inglobare l’individualità rifuggendo al dualismo cartesiano corpo-mente e per (2) mantenere la prospettiva della prima persona.
Perché dico che sono concetti di cura “non solo psicoterapica”? Perché da osteopata mi son ritrovato decine di volte a pensare all’alleanza terapeutica, al tentativo di mettere da parte i preconcetti quando valuto il paziente e al tentativo ancora più difficile di eclissarmi durante il processo terapeutico, a quanto bene l’osteopatia sia un sistema di cura che, più o meno consapevolmente, è in grado di sussurrare e interagire con la complessità del sistema-uomo, perché per me passaggi in cui si esorta alla “complessificazione del paziente” o al suo “aumento dei gradi di libertà” erano poesia familiare.
Ecco perché sono concetti/elementi trasversali a qualsiasi cura. Questa cosa, se ricordate, era accaduta con
quest’altro libro. E con quel libro, quest’altro condivide il tema della clinica della complessità e dell’incertezza.
Lo so, lo so: questi sono concetti/elementi trasversali a qualsiasi cura, ma che sia di un certo livello e che abbia dei clinici con un certo . Ma quella è la direzione che anche la medicina più “ortodossa” prenderà (prima o poi).
Per tutti questi aspetti, questo libro dello psicoterapeuta
Marcello Florita mi sembrava di averlo già letto. Non solo perché (effettivamente) l’ho letto 4 anni fa la prima volta, ma proprio per la familiarità di tutti questi concetti/elementi. E non solo: si fa spesso riferimento al
marcatore somatico di Damasio (a proposito, ecco
qui le recensioni dei suoi primi 3 libri e
qui una mia personale sintesi del suo pensiero) ci sono tanti riferimenti ad altri libri conosciuti, come
questo, e sono spesso citati contributi di pensiero di scienziati “familiari” (es,
Prigogine e
Siegel).
Il libro mi ha posto in una prospettiva che mi ha permesso di “vedere” me terapeuta nella relazione terapeutica, e mi ha dato un nome: dispositivo etero-organizzazionale che è lì per facilitare la capacità auto-organizzativa del sistema-uomo.
La lettura è super scorrevole. Per tanti motivi:
1) storie di pazienti veri,
2) prospettiva interna dello psicoterapeuta, prospettiva che spesso è fatta di sensazioni fisiche, emozioni; e anche le sue epifanie, il suo rendersi conto che in un mesto e apparentemente poco terapeutico “capisco” detto ad un paziente, ci possa essere il battito d’ali della farfalla che scatenerà il cambiamento del paziente;
3) un sacco di citazioni che si inseriscono benissimo con lo scritto e che sono responsabili (insieme ai bellissimi passaggi originali di Florita) dell’esaurimento di un intero evidenziatore;
4) La presenza delle neuroscienze come tentativo di dare un riferimento scientifico ai paradigmi presentati.
Un libro per tutti i clinici.
Un libro per chi non vede ancora queste cose.
Un libro per chi già vede l’intreccio nella quotidianità clinica.
Libro acquistabile cliccando
qui
______________________________________
A cura di Giandomenico D’Alessandro