Osteopatia in donne vittime di abuso domestico

Vediamo l’innovativa tesi sperimentale che ha verificato i potenziali effetti dell’osteopatia in donne vittime di abuso domestico

Continuamo la rubrica delle migliori tesi di osteopatia con un topic nuovo per l’osteopatia. Infatti (stando alle mie conoscenze) non vi sono pubblicazioni scientifiche che hanno indagato i possibili contributi dell’osteopatia in donne vittime di violenza domestica. Vediamo cosa ci raccontano le autrici: Camilla Pisani, Marta Bonfiglio, Silvia Camesasca, Sofia Campodall’Orto, diplomatesi presso il TCIO di Milano.

 

Per iniziare, ci raccontate cosa avete fatto?

Abbiamo fatto una tesi sperimentale presso il centro antiviolenza Cerchi D’Acqua di Milano con l’obiettivo di valutare gli effetti del trattamento manipolativo osteopatico, associato a percorso psicologico, su donne vittime di violenza domestica. La nostra ricerca ha incluso 15 pazienti trattate 1 volta a settimana per 37 giorni. L’osteopata sceglieva le tecniche che riteneva più idonee variando da tecniche strutturali, viscerali, craniosacrali e fasciali. In questo studio non avevamo un gruppo di controllo ed è stato fatto un follow-up a medio termine (circa 30 giorni dopo l’ultimo trattamento).

Fig 1 – Camilla Pisani (una delle autrici) impegnata in un trattamento osteopatico in neonato

 

Stando a quel che so, è la prima volta che si fa uno studio sugli effetti dell’osteopatia in donne vittime di abuso domestico. Com’è nata l’idea di questa tesi?

 

L’idea è nata da un motivo personale e da un’urgenza percepita, cioè la necessità di voler aiutare il mondo femminile sotto più aspetti possibile. Il mondo della psicosomatica è ancora poco studiato se non dal punto di vista psicologico. Il sistema nervoso autonomo può giocare un ruolo chiave in questo tipo di disturbo e la collaborazione tra osteopata  e psicologo può rivelarsi molto importante anche nella gestione della sfera emotiva.

 

 

Quali erano gli outcome di studio e quali risultati ci sono stati?

 

Gli outcome dello studio puntavano a verificare l’efficacia dell’OMT in merito a qualità del sonno, frequenza cardiaca, temperatura corporea e stato di salute generale. I risultati dello studio non hanno portato ad un cambiamento significativo della frequenza cardiaca e della temperatura, mentre ci sono stati miglioramenti significativi in merito alla qualità del sonno, insonnia, stato di salute generale, sintomi somatici (fisici ed emotivi).

Fig 2 – Marta Bonfiglio (una delle autrici), alle prese con un test osteopatico.

 

Oltre ai risultati “ufficiali”, che feedback avete ricevuto dalle pazienti? Qualcuna di loro ha chiesto di continuare lo studio?

I risultati non sono stati molto rilevanti a causa anche dei limiti riscontrati come ad esempio l’assenza di un gruppo di controllo, ma a livello “ufficioso” abbiamo visto un cambiamento radicale nelle pazienti che hanno trovato un miglioramento non solo fisico ma soprattutto emotivo, che nella loro situazione risultava la parte più importante.
Le pazienti riportavano un migliore riposo e non avendo dolori fisici avevano molta “più energia”, pensieri positivi” e “voglia di vivere”.
Col passare del tempo, oltre alle pazienti, anche le psicologhe che avevano in cura le pazienti hanno riscontrato dei cambiamenti importanti nelle loro assistite. Terminato lo studio, quando abbiamo mandato al centro la nostra tesi conclusa, le psicologhe hanno confermato nuovamente il miglioramento delle pazienti anche a lungo termine (anche se non siamo riuscite a fare un follow-up a lungo termine). La bontà del contributo osteopatico è stato dimostrato dal fatto che alcune pazienti sono state interessate a continuare i trattamenti anche al di fuori della ricerca.

 

 

Sono curioso di sapere come vivevano il tocco osteopatico (diagnostico e terapeutico) le pazienti dello studio…

 

Credo che un punto a nostro favore fosse il fatto che le operatrici erano tutte donne. Inoltre ognuna di noi operatrici, rappresentava una figura terapeutica, disponibile ad aiutarle. Dal punto di vista palpatorio le pazienti non sono mai state in difficoltà nè duanate la diagnosi, nè durante il trattamento. Noi operatrici siamo sempre attente a metterle a proprio agio, ad esempio spiegando quello che avremmo fatto prima di iniziare la parte palpatoria.

Fig. 3 – Sofia Campodall’Orto (una delle autrici) alle prese con una tecnica in ambito craniale.

 

Come gestivate il dialogo con queste pazienti?

Il dialogo con le pazienti è sempre stato uguale a qualsiasi altro paziente che vediamo quotidinamente nei nostri studi. Come già accennato prima, raccontavamo cosa stavamo facendo per non rischiare di creare situazioni di disagio per le pazienti.

 

 

Quali sono stati i problemi organizzativi/operativi della vostra tesi?

 

Problemi organizzativi ne abbiamo avuti fin da subito. Trovare centri antiviolenza che aderissero allo studio, reclutare pazienti spiegando bene il motivo e in cosa consistesse il trattamento osteopatico, organizzarsi con il centro e con le
pazienti gli appuntamenti, le tempistiche molto tirate per fare tutto il percorso di ricerca, poco aiuto dal relatore e un percorso impegnativo per noi in quanto eravamo impegnate con lezioni, esami e vicissitudini personali.

Fig. 4 – Silvia Camesasca, una delle 4 autrici della tesi.

 

Che consiglio dareste a osteopati che trattano per la prima volta donne vittime di abuso domestico?

 

Il nostro consiglio è di seguire queste pazienti nel tempo, con tecniche poco invasive, con un occhio di riguardo al sistema gastro-intestinale e all’approccio alimentare (se si può). Fondamentale è ricordare che noi operatori, per primi, dobbiamo essere quieti e sereni: la nostra tranquillità aiuta a creare un ambiente confortevole per le pazienti stesse.

 

Grazie a Camilla Pisani, Marta Bonfiglio, Silvia Camesasca, Sofia Campodall’Orto, sia per aver fatto da “apripista” in questo delicato campo di potenziale applicazione dell’osteopatia e per averci rivelato qualche “dietro le quinte” del loro lavoro di tesi.

Ci vediamo al prossimo episodio della rubrica le migliori tesi di osteopatia

 

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A cura di Giandomenico D’Alessandro

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